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Lo stupore per le cose del mondo

di Francesca Lozito - 20/2/2006

Lo stupore per le cose del mondo. E lo stupore, si sa, è qualcosa che si gode in un momento solo fino in fondo.

Calypsos di Francesco De Gregori è questo, “9 canzoni nuove”, come recita il sottotitolo, che hanno il dono dell’immediatezza e la bellezza della semplicità. Calypsos non è la coda di Pezzi, uscito neanche un anno fa, ne è in parte la chiarificazione, ma è anche qualcosa di più. Inaspettato, perché esce ad una breve distanza dall’ultimo, e De Gregori ci aveva abituato ad attendere anni.

Il cuore del disco è senza dubbio “L’angelo”, una canzone che ha la leggerezza di parlare della morte con accento quasi tranquillizzante: “dice sono venuto a sciogliere non a legare” ; “dice non devi piangere e non ti devi spaventare”.

Calypsos è un disco che si canta facilmente, perché ha melodie orecchiabili, ma non banali. La “band” entra nel disco come in punta di piedi, sussurrando suoni per non disturbare. E nelle canzoni di De Gregori dovrebbe essere sempre così, perché lui è uno che scrive testi, che sono poi delle poesie. Calypsos è un disco necessario proprio per quello stupore di cui dicevamo all’inizio: stupore che De Gregori stesso dice - in “Per le strade di Roma” - che i ragazzi hanno perso, volendo fare tutti il politico o l’attore.

Ascoltando Calypsos, se lo si è perso, se ne riacquista un po’.
 

F. De Gregori, Calypsos
Columbia Sony Music, 2006

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