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Come un fumetto

di Ilaria Scala - 30/11/2005

Era il 1991 quando Max Pezzali, allora metà del duo 883, faceva la sua comparsa sulla scena della musica pop italiana. E in molti si chiesero per quanto tempo l'ennesima trovata di Cecchetto sarebbe durata.

E' il 2005, e Pezzali pubblica una raccolta doppia che ripercorre i suoi quindici anni di carriera. Max è ancora qui, sembra non aver perso un colpo. E in molti si chiedono come ha fatto a durare.

Forse è stato merito del suo aspetto: quindici anni fa era più magro, aveva più capelli, ma non era bello neanche un po', e aveva l'aria ingenua e stordita, il look goffo e per nulla trendy di alcuni ragazzotti di provincia. Così com'era in piazza o al bar, Max si presentava in scena (per non parlare dei capi improbabili del suo compagno di allora, quel Mauro Repetto presto svanito nel nulla, capace di esibirsi - si fa per dire - in completo bianco con le frange e la capigliatura stile criniera di cavallo). Max aveva sempre l'aria di uno capitato lì per caso. Logico che - forse non per caso - lì sia rimasto.

Forse è stato per merito della musica. Cecchetto ha saputo aiutarlo a dosarne gli elementi elettronici, e a traghettarsi senza traumi nella melodia all'italiana. Ha saputo perfino limitare i danni della sua sostanziale incapacità di cantare: un po' con i sintetizzatori, un po' con i cori, un po' con le esibizioni in playback (ai vari Festivalbar), che alimentavano il successo senza deludere i puri d'orecchio.

Ma il vero merito di Max Pezzali è di essere cresciuto insieme ai suoi fan (e di non aver fatto niente per nasconderlo: né lifting né diete né creme né trapianti); di averne saputo cantare le emozioni e i turbamenti, età dopo età, con parole semplici, quasi incastonate dentro melodie che sembrano esistere da sempre, e sorrette da metriche un po' sbilenche (fateci caso: nei versi di Max, l'accento non cade quasi mai sulla sillaba "giusta") eppure solide come meccanismi ad orologeria.

Max ha cominciato inneggiando ai divertimenti in discoteca e lamentandosi dell'oppressione dei genitori; ha descritto infatuazioni allegrotte, serate tipiche della provincia lombarda, innamoramenti a senso unico che lo facevano sospirare a notte fonda sotto a una finestra; ha attraversato la crisi della perdita degli amici, dell'indifferenza oltre la linea d'ombra, della fine del gruppo e del cameratismo; si è innamorato davvero, alfine, in modo più adulto e consapevole, ha ringraziato la vita, continua a riflettere sulla bellezza e sulle stranezze del mondo.

Ecco cosa: Max non ha mai finto di essere qualcun altro. Poteva essere una meteora generazionale, ed è durato 15 anni. Potrebbe farsi chiamare cantautore, e invece eccolo lì, che continua a rappresentare se stesso come un fumetto, e rifugge qualsiasi etichetta pseudo-intellettuale.

Come si addice ai fumetti, racconta i colori forti di un mondo sempre un po' stonato, un po' tondo e un po' spigoloso, e usa solo parole che possano sta bene in un balloon. 

 

M. Pezzali, Tuttomax
Warner Music, 2005

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