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Lassù per le montagne

di Alessandro Borgogno - 21/12/2011

Finisce un anno durante il quale ci hanno lasciato in molti, e fra questi uno che ancora non abbiamo ricordato. Non sarà un caso che è capitato proprio con colui che, almeno per chi scrive, era davvero il più grande, e anche per questo motivo questo alligatore sarà più lungo degli altri.

Walter Bonatti, il più grande alpinista ed esploratore italiano dell’ultimo secolo, e ancor di più uno degli uomini più integri che abbiamo mai avuto la fortuna di avere, se ne è andato a settembre, in modo inaspettato nonostante i suoi 81 anni (tumore fulminante al pancreas). Personalmente ho letteralmente “bucato” la notizia, perché in quei giorni ero in viaggio negli U.S.A. (viaggio assai esplorativo, tanto per restare in tema), e forse perso l’attimo “caldo” dell’avvenimento poi è dovuto passare del tempo per ragionarci su.

Ho scoperto quindi poi, quasi a ricercare le poche notizie sparse ancora sulla rete, la natura della malattia, e la decisione tragica e sublime della sua compagna degli ultimi trent’anni, Rossana Podestà, di tenerla nascosta soprattutto a lui, per il timore che la sua vitalità, di fronte alla chiusura certa e rapidissima che lo attendeva, lo portasse ad un gesto estremo, uno di quei gesti sempre estremi ma sempre lucidissimi che avevano caratterizzato la sua intera vita.

E anche, come ulteriore corollario quasi grottesco in una vita continuamente costellata dalle avversità ingiuste e insensate, l’allontanamento della stessa Podestà, compagna di trent’anni, dal suo letto di morte nelle ultime ore, con la motivazione di non essere “unita in matrimonio” con lui. Ennesima dimostrazione di disprezzo e disumanità di un paese incapace di dare anche il minimo dovuto, figuriamoci restituire un minimo di quanto invece è stato a lui donato, dai suoi uomini migliori.

Sappiamo però che né queste cose, né altre ancora peggiori, avrebbero in questa occasione, come non hanno mai, intaccato la volontà, la visione del mondo e la posizione di Walter sul pianeta che lo ospitava. Già, perché nulla si potrebbe dire di più di quest’uomo se non che era, ed era sempre stato, un abitante del pianeta Terra, al di fuori di qualsiasi confine di nazione, di stato, di continente, di razza e di popolo.

Impossibile ricordare anche solo in parte tutti i motivi che ne fanno una delle figure più straordinarie della nostra intera storia nazionale. Un modo di vivere, raccontare, esprimere con i fatti e trasmettere agli altri la montagna che è sempre stato un riferimento assolutamente irrinunciabile per chiunque, tanto che io, nel mio piccolissimo, trovandomi a dover raccontare le montagne nel mio libro, inevitabilmente ho dovuto rifarmi a lui, citarlo, e per un racconto davvero serio fermarmi e rimandare direttamente ai suoi scritti.

Alpinista prima, fra i più grandi in assoluto, riconosciuto da tutto il mondo (e da noi sempre un po’ meno, ovviamente). Radicale e risoluto nella scelta di abbandonare l’alpinismo nel momento in cui stava diventando troppo “competizione e gara fra uomini” e sempre meno “confronto dell’uomo con la montagna”.

Esploratore poi, di grandissimo livello, attraverso tutti i continenti, nelle terre più estreme e inanellando imprese e scoperte straordinarie, sempre più conosciute all’estero che in patria.

Difficile ricordarle anche solo parzialmente, ma ci proviamo lo stesso almeno per dare una vaga idea di una vita unica e irripetibile.

 

1953 – Parete ovest delle tre cime di Lavaredo in scalata invernale

1954 – Conquista del K2 con la spedizione italiana di Ardito Desio

1955 – Nuova via sul Petit Dru del Monte Bianco (una delle imprese alpinistiche più clamorose di tutti i tempi)

1957 - Grand Pilier d'Angle – Monte Bianco

1958 – Patagonia – prime ascese al Cerro Adela, Cerro Doblado, Cerro Grande, Cerro Luca

1958 – Cina-Pakistan – Conquista del Gasherbrum IV

1961 – Perù – prima salita di Cerro Paria-Nord, Nevado Ninashanca, Nevado Rondoy Norte

1965 – Parete nord del Cervino in solitaria invernale (impresa tripla: apertura di una via nuova, prima salita della nord invernale e prima in solitaria)

1965 – Alaska

1966 – Tanzania – salita del Kilimangiaro

1966 – Uganda – salita del Ruwenzori

1967 – Venezuela – Foreste dell’Orinoco (primi contatti occidentali con la tribù Yanoami)

1968 – Indonesia – piccole isole della sonda (esplorazione del vulcano esploso di Krakatoa)

1969 – Polinesia – isole Marchesi – ricostruzione del viaggio narrato da Melville, del quale trova innumerevoli corrispondenze dimostrandone l’autenticità

1970 – Cile - Salita dell’Aconcagua e Capo Horn

1971 – Australia

1972 – Zaire e Congo – Vulcano Nyiragongo

1974 – Nuova Guinea

1976 – Antartide

1978 – Rio delle Amazzoni (alla ricerca delle sorgenti, che trova dimostrando un errore di una precedente spedizione che ha cementato una targa commemorativa che segnala le sorgenti in un luogo sbagliato)

1985-86 Ritorno in Patagonia

 

Occorre fermarsi, sono troppe e sono tutte straordinarie. Per fortuna sono narrate, e narrate in modo splendido, nei suoi libri. E illustrate in modo magnifico dalle sue fotografie, perché Bonatti era anche un grande fotografo, grande come si può essere solo quando, prima di catturare l’immagine di un luogo, si è riusciti ad entrare in contatto con la sua anima più profonda.

 

Ma Walter Bonatti è stato anche un esempio inimitabile di tenacia e di umiltà nella sua interminabile battaglia per ristabilire la verità sulla grande impresa del K2, laddove rischiò la vita, ancora ventiquattrenne, a causa del comportamento assai poco limpido dei suoi compagni di cordata, quelli che poi conquisteranno la vetta a nome di tutti e dell’Italia intera. Bonatti dovette subire, oltre a questo, le calunnie corporative di chi non voleva in nessun modo adombrare la “grande impresa”. Ha combattuto per sessant’anni contro le ipocrisie, i negazionismi, le menzogne e l’indifferenza senza mai arrendersi e senza mai cedere, con la fermezza di chi sa di essere nel giusto ma sempre anche con l’umiltà di chi sa che la verità non deve mai essere sporcata dalla presunzione o dall’arroganza. Una lezione impagabile che si può trovare in ogni sua parola, comprese quelle scritte all’allora presidente della Repubblica Ciampi in occasione di un riconoscimento rilasciato al capo spedizione Ardito Desio nel 2011, che ci piace riportare:

 

“Signor Presidente

Ho appena visto al telegiornale la cerimonia svoltasi al Quirinale in onore del prof. Ardito Desio per il suo 104° compleanno. Lei lo ha premiato con un prestigioso riconoscimento che assume il massimo valore proprio perché consegnato dalle Sue mani.

Anch'io come tanti rispetto il traguardo anagrafico del professor Desio e la sua opera di studioso; ben diverso credo sia invece il suo merito come Capo della riuscita Spedizione Nazionale Italiana per la conquista del K2, nel 1954.

La stimo, moltissimo, Signor Presidente, ed è la ragione per cui mi permetto di inviarLe questo mio libro sperando che trovi il tempo per sfogliarlo: è la storia postuma di questa grande Spedizione Nazionale, di cui ho fatto parte.

Non è tanto la mia vicenda personale che intendo portare alla Sua conoscenza, essendo essa complementare all'impresa, bensì voglio informarLa sul falso storico contenuto, tuttora, nelle relazioni e nei documenti ufficiali della conquista del K2; un falso storico ormai riconosciuto come tale nel mondo intero.

Vorrei dunque che una persona come Lei fosse totalmente informata sull'argomento, poiché la posizione ufficiale di questo fatto non fa certo onore al nostro Paese.

Grazie per avermi ascoltato.

Con il massimo rispetto e ammirazione.”

 

Sapeva bene in chi riporre fiducia, Walter. Il suo gesto nei confronti del presidente Ciampi non fu vano, ma servì insieme ad altri a rimettere di nuovo in moto un processo che alla fine avrebbe portato al ristabilimento di una verità storica aderente ai fatti. L’ammissione di verità da parte delle autorità italiane preposte arriverà, infine, nel 2008, e Bonatti saprà commentare la sua ultima grande vittoria riuscendo ancora una volta dare una lezione a tutti. Scriverà infatti alla Società Geografica Italiana in occasione della dichiarazione di revisione del resoconto dell’impresa:

 

"A cinquantatré anni dalla conquista del K2, sono state finalmente ripudiate le falsità e le scorrettezze contenute nei punti cruciali della versione ufficiale del capospedizione prof. Ardito Desio. Si è così ristabilita, in tutta la sua totalità, la vera storia dell'accaduto in quell'impresa nei giorni della vittoria... Si è [...] dato completa verità e dovuta dignità al grande successo italiano, una affermazione che ha saputo risvegliare, dopo gli anni bui, il vanto e l'orgoglio di tutti noi."

 

Nessuna vendetta personale, nessuna arroganza del tipo “avevo ragione io”, ma un giusto tributo ad una impresa grandiosa e perfino un elegante ma fermissimo riferimento politico a quegli “anni bui” da cui si era appena usciti all’epoca della spedizione, che erano quelli del fascismo e della guerra mondiale.

Bonatti non ha mai barato, e non barava neanche in questo caso. Più  volte negli anni, riguardo alla sua incrollabile tenacia riguardo a questa vicenda, aveva sempre ripetuto:

 

“La conquista del K2 appartiene a tutto il Paese. Sarebbe un delitto lasciare che resti sporcata per sempre dalla menzogna.”

 

E anche stavolta, nel momento della vittoria saprà dimostrare che il suo obiettivo era davvero questo, e non altri. Lo dimostrerà esprimendo soltanto la dovuta soddisfazione di chi ha visto raggiunto uno dei tanti traguardi della sua vita, che in questo  caso era semplicemente ristabilire la realtà dei fatti e dare la giusta dignità ad una conquista storica che rischiava di restare per sempre offuscata dalla falsità e dalla stupidità di chi ha paura che la verità possa togliere valore alle grandi imprese.

 

Walter Bonatti era un uomo incapace di compromessi, ma aveva scelto consapevolmente di vedersela da solo con se stesso e con il resto del mondo, senza costringere gli altri a scelte che potevano essere solo sue. Così facendo però ha continuato, spesso inconsapevolmente, a regalare emozioni e grandi lezioni di vita a tutti. A regalare scoperte, riflessioni, visioni del mondo e della vita che hanno spessissimo anticipato i grandi temi (sopra tutti, l’ecologia e il nostro rapporto con la natura) su cui oggi tutti noi ci troviamo a fare i conti spesso sentendoci inadeguati e impreparati. E lo siamo, perché di Walter Bonatti purtroppo ne nascono pochi, e forse ne nascono sempre meno.

 

Niente da fare, non riesco a riportare neanche in parte tutto ciò che penso dell’uomo e delle sue imprese, dei suoi comportamenti, di tutto ciò che ha trasmesso all’Italia e al mondo. Troppo lunga e ricca una vita che meriterebbe un romanzo che fortunatamente ha già provveduto lui a narrare nei suoi molti libri. Mi limiterò quindi ad una sola ultima considerazione del tutto personale.

 

Per una strana combinazione che nulla a che fare con il destino ma solo con la causalità e che naturalmente ho scoperto soltanto dopo, Walter se ne è andato nella notte fra il 13 e il 14 settembre. In quel giorno (ed esattamente in quel giorno, perché il fuso orario ha fatto sì che la notte in Europa corrispondesse al giorno dall’altra parte dell’oceano) io mi trovavo in Arizona, affacciato sul Grand Canyon. Difficile immaginare un luogo che sia maggiore espressione di forza della Natura e di orizzonti illimitati. Un luogo che lui avrebbe saputo guardare con uno sguardo ben più ampio e più profondo del mio, un luogo che riunisce montagne, acque, forze immani, cieli immensi e profondità abissali. Un luogo che avrebbe potuto essere, insieme a tanti altri nel mondo, il suo ritratto in forma di paesaggio. Finirà che, oltre ai tanti motivi già presenti per ricordarlo e tenerlo a mente, nella mia memoria sarà associato anche alla mia personale vista di quel luogo unico al mondo. E direi che non mi posso lamentare.

Per questo voglio concedermi il privilegio di considerarlo un segnale da cogliere, e perché no, vista l’impossibilità di avere la notizia nel momento in cui ci lasciava, anche di considerarlo, quando voglio, ancora vivo da qualche parte. Essendomi perso l’effetto della notizia in diretta, gli articoli (sicuramente pochi rispetto al dovuto) dedicati alla sua scomparsa, le rievocazioni del momento e le lacrime di coccodrillo di chi in tanti anni non si è mai dato pena di ricordarlo da vivo e vegeto, mi concederò l’impagabile lusso di poter pensare di non vederlo più e di non averne più notizie soltanto perché chissà in quale posto si trova, a guardare chissà quale orizzonte infinito, a scrutare con i suoi occhi vivi e brillanti l’immensità dello spazio e della Natura che lo circonda.

Ciao Walter.

 

Walter Bonatti, settembre 2011