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Una persona aggraziata in meno

di Ilaria Scala - 14/2/2011

Per una volta, vogliamo concederci un alligatore amarcord.

Poteva essere il 1988 o il 1989, e Daniele Formica conduceva, insieme ad Orsetta De Rossi ed Emma Danieli, Il Formicaio, un varietà radiofonico che andava in prima serata su Radio Uno una volta a settimana.

In quell’epoca in cui la tv commerciale già combatteva contro la RAI a colpi di sponsor e auditel (in prima serata c’erano, tanto per fare qualche esempio, da una parte Biberon, Lascia o raddoppia e Fantastico 9, dall’altra Emilio, Odiens e Telemike); in quell’epoca in cui Fiorello ancora non aveva ri-attirato i riflettori sulla radio come contenitore di varietà, vi lascio immaginare l’entità del pubblico di quel programma, e di conseguenza il tono, la risonanza e l’attenzione che otteneva presso gli altri media. Si aveva l’impressione, ascoltandolo, che fossero più numerosi quelli che lo facevano di quelli che lo ascoltavano, e che i due gruppi fossero riuniti tutti nello stesso salotto, familiarmente tutti in pigiama – o meglio, in giacca da camera, ché era un programma davvero elegante -, separati soltanto da un vetro ma impegnati tutti in un’unica oziosa e interessantissima conversazione, gradevole e attenta come sono alcune conversazioni notturne, divertente e aggraziata come sono quelle condotte dai comici intelligenti – che allora erano pochini, e oggi sono quasi scomparsi.

Durante una di quelle conversazioni, a cui partecipava anche Maurizio Micheli, una delle telefonate da casa fu la mia, che all’epoca frequentavo il ginnasio. Il tempo che mi ci volle per superare la mia timidezza, telefonare, prendere la linea ed essere catapultata a dire oziosità in diretta fu così rapido da farmi ritenere – non saprò mai se a ragione – di essere l’unica ascoltatrice della serata. Comunque, che fossi l’unica o no, venni salutata come tale, come una che faceva parte dello stesso salotto: risposi correttamente alla domanda (anche questa contraria allo stile televisivo imperante, quello del “quanti fagioli ci sono nel barattolo”: data di nascita e di morte di Dante Alighieri. E a me non sembrò vero di rispondere con sicurezza leggendo il quaderno degli appunti di letteratura presi in classe quella mattina) e vinsi il premio – 2 biglietti per Comic Shop, la piéce interattiva ideata e interpretata da Formica, in quei giorni in scena al Teatro Vittoria di Roma.

Interattiva, la piéce lo era davvero: si basava tutta sull’improvvisazione, non aveva né un copione né un canovaccio, e faceva molto molto ridere. La trama la proponeva il pubblico, suggerendo temi, situazioni, evoluzioni e sviluppi, e dirigendo di fatto gli attori, che si attenevano ligi al plot surreale che ne veniva fuori. Unica possibilità di “correzione” degli umori della platea, era il comando “Eccepisco!”, consentito a qualunque personaggio o spettatore ritenesse che la direzione proposta contraddicesse una qualche regola sacra di un’ipotetica “teoria delle sceneggiature”. Insomma, quando era troppo era troppo. Ma non lo era troppo spesso.

Il risultato era vivace, esilarante, irresistibile. Il divertimento era assicurato sia in scena che in platea. Lo spettacolo alimentato dagli spettatori alimentava a sua volta la loro creatività, in un crescendo di invenzioni, gag, e socializzazione di gruppo. Alla fine ci si sentiva – di nuovo – tutti appartenenti allo stesso salotto, e i rimandi, le citazioni, gli sviluppi extra-testuali della trama continuavano anche dopo lo spettacolo, nei camerini degli attori dove andammo a salutarli e a complimentarci.

Quanta competenze ci vuole per fare uno spettacolo del genere? Tanta, ne converrete. Che già far ridere – genuinamente, senza volgarità, senza parrucche, senza praticamente nessun oggetto in scena – è assai più difficile che commuovere. Pensate quanto può essere difficile farlo senza ripetere a memoria un copione, e quindi senza aver sperimentato il ritmo delle battute, né il loro effetto sul pubblico sera dopo sera. E per di più, pensate alla difficoltà di gestire l’improvvisazione sul palco e gli interventi dal pubblico, come in un talk-show di dilettanti allo sbaraglio che guidano la rappresentazione di serissimi professionisti. Perché gli interventi dal pubblico erano davvero spontanei, ma erano orchestrati con un ritmo tale, e con un’interazione con gli attori così dinamica, da non generare mai confusione né far mai cadere l’interesse del pubblico per la rappresentazione.

Questo era – anche – Daniele Formica. Attore, regista, autore, scomparso a 62 anni martedì 1° febbraio. Una persona divertente, elegante, aggraziata – non a caso praticamente scomparsa dalla televisione, e quindi dalla fama di massa, e dedito ormai quasi solo al teatro.

È sempre un peccato quando il mondo deve andare avanti con una persona aggraziata in meno.

 

Daniele Formica, 1° febbraio 2011

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