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Quel fiol d’un can de Trieste

di Alessandro Borgogno - 13/7/2010

Personalmente ho un ricordo di Lelio Luttazzi fra i più grotteschi e forse anche meno conosciuti. Era una trasmissione televisiva, una delle tante, e io ero piuttosto piccolo ancora, ma non saprei dire quanto.

Lui era al piano, come accadeva spesso, e presenta una sua canzone, che chiama “scherzo affettuoso”, dedicata al suo amico Beppe Berto, importante scrittore autore de Il male oscuro. Mio padre, lì accanto, mi spiega al volo che per “male oscuro” Berto intendeva la depressione e la nevrosi in genere, allora neanche del tutto catalogata con precisione come malattia psichica. Per quel po’ che posso capire penso: “Sarà una canzone tristissima”. Luttazzi mette le mani sul piano e attacca una marcetta frenetica e trascinante cantando con il massimo della scioltezza una cosa che fa “il male oscuro, il male oscuro, quello che fa picchiar la testa contro il muro… il male oscuro oscuro oscuro… proprio oscuro, è quello che mi sai procurare solo tu!” e prosegue con variazioni del tipo “il male oscuro, il male oscuro, quello che fa spiccare salti da canguro…”

Scoprirò poi, forse molto dopo, che lo stesso Luttazzi (come mio padre) scherzava su un disagio e su una malattia che conosceva bene.

Per me forse rimane l’immagine più nitida e più fedele di un gran signore capace di fare ironia anche sui suoi momenti più personali e più drammatici (e ne ha avuti, prima fra tutti l’ingiusta accusa di complicità in traffico di droga, una delle cause principali del suo declino televisivo).

Per il resto si parla, almeno per me, di cose non viste in diretta (troppo piccolo) ma comunque viste e riviste in centinaia di repliche televisive. Spezzoni di trasmissioni di grande eleganza (una recente che mi ha colpito con una bellissima intervista in diretta a Nino Manfredi, durante la quale nello studio televisivo tutti fumavano come turchi con la massima naturalezza, davvero altri tempi).

Impossibile da dimenticare “il can de trieste” (probabilmente se stesso) che “faceva la feste” solo “davanti a un fiasco de vin”.

E questi erano gli scherzi eleganti e leggeri di cui era capace.

Poi c’era la musica.

E Lelio Luttazzi è stato un grandissimo musicista.

Tutti ora gli attribuiscono, giustamente, il merito di aver portato in Italia il Jazz e di aver introdotto lo Swing nelle melodie nazionali. Pochi se lo sono ricordato fino a ieri, e fra questi il solo Fiorello (che sa essere sorprendente quando vuole) è stato capace di riportarlo in video dopo decenni di auto-isolamento, e di farci risentire il suo tocco scorrevole e scanzonato che distillava note pulite a rincorrersi sulla tastiera del suo pianoforte.

Probabilmente sempre pochi quelli che sanno che tutte le hit parade degli ultimi cinquant’anni sono figlie e nipoti della sua Hit Parade radiofonica.

Forse ancora meno quelli che sanno che Daniele Luttazzi, comico satirico molto contemporaneo (e ormai anche difficile da vedere per ben note altre ragioni di poca compatibilità con l’attuale potere politico) si chiama in realtà Daniele Fabbri, e ha scelto il suo cognome d’arte proprio come omaggio al grande “intrattenitore” che stiamo ora ricordando. Scelta significativa perché ci dice quanto Daniele abbia visto (e bene) la carica di anticonformismo e di penetrante ancorché scanzonata satira c’era e c’è sempre stata nel suo repertorio e, verrebbe da dire, nel suo atteggiamento complessivo nei confronti dello spettacolo, della televisione, del sistema.

Lelio Luttazzi ci ha salutato dalla sua Trieste alla venerabile età di 87 anni. Tutto sommato siamo quindi qui a commemorare non una scomparsa prematura o inaspettata, ma piuttosto un saluto affettuoso e commosso.

E, a costo di ripeterci, un omaggio inevitabilmente malinconico all’ennesima constatazione della mancanza di personaggi analoghi che ne raccolgano l’eredità. Non tanto per la bravura o per il talento o per l’intelligenza, quanto piuttosto per l’eleganza, la discrezione, l’educazione e la raffinatezza.

Insomma un altro che ci lascia un po’ più soli, quel fiol d’un can de Trieste.

 

Lelio Luttazzi, 8 luglio 2010

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