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E le anatre pure

di Ilaria Scala - 4/2/2010

“Non raccontate mai niente a nessuno. Se lo fate, finisce che sentite la mancanza di tutti.”

È la fine de Il giovane Holden. Sembra il testamento letterario del suo autore, J.D. Salinger, che pochi anni dopo aver scritto questa frase decise di uccidere la sua figura pubblica di scrittore per ritirarsi a vita privatissima e non scrivere (o non pubblicare?) mai più nemmeno una riga. Fino a venerdì scorso, 29 gennaio 2010, quando Salinger lo scrittore e l’uomo sono morti davvero e per sempre, a 91 anni.

Il mistero di Salinger è questo, dopo tutto: aver scritto un romanzo immortale, amato (e anche odiato, pare) da generazioni di lettori di tutto il mondo, aver scritto un altro paio di libri apprezzati e promettenti, aver combattuto gli editori ed insistito con se stesso per continuare a scrivere e per riuscire a pubblicare, e poi essersi accorto che scrivere gli faceva male, in un certo senso, che raccontando aveva nostalgia degli altri, dei suoi personaggi, delle persone che li ispiravano. Chissà.

E così smise, e non volle più saperne. Vittima del suo demone autolesionista e parecchio snob, entrò nell'ombra dando adito alle ricerche, alle investigazioni, alle biografie non autorizzate (che lo descrivevano come un uomo pessimo, a dispetto del suo talento). Adesso che è morto, la letteratura può ben dire che non ha perso nulla: non sappiamo se avesse detto tutto ciò che aveva da dire; sicuramente, pur vivo, non l'avrebbe detto comunque.

Ma Holden vive. Questo nostro primo alligatore non è un necrologio, anzi è un inno alla vita. Holden vive, ed è questo che conta. Holden vive, ed ha 16 anni, il suo sarcasmo fuori luogo, il suo guantone da baseball, la sua paura di crescere, i suoi dubbi abissali, le sue certezze inutili. Holden vive, e parla piano con il suo linguaggio anacolutico, sboccato e ripetitivo. E tutti noi che avremmo voluto averlo come fratello, come cugino, come figlio, tutti noi che in certi momenti ci siamo sentiti lui, ci crogioliamo nel pensiero che Holden vive, e possiamo andare a trovarlo quando vogliamo, e lo troveremo sempre uguale, superbo ingenuo e rompipalle qual era, qual è.

Questo c'è di bello nell'arte, che puoi avere 91 anni, essere scomparso da quasi 60, avere una faccia antipatica e una fama anche peggiore, all'improvviso perfino morire, ma una parte di te, una grande e importante parte di te non morirà mai, anzi ti sopravvivrà tuo malgrado e per sempre.

Il che è abbastanza rassicurante.

 

J.D. Salinger

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